Il
Granduca mite
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COSIMO
II
(1590 –
1621)
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Cosimo nacque nel 1590, primo dei nove figli di Ferdinando de’ Medici e di
Cristina di Lorena.
Suo padre il Granduca volle destinare la somma per i
consueti festeggiamenti
della primogenitura ai poveri della città e liberare
dalle Stinche 70 carcerati.
Ma Cosimo, che appena nato fu definito “bello e
fresco come una rosa”,
fu invece una rosa destinata ad appassire molto
presto.
L’infelice erede di Ferdinando
I,
affetto da tubercolosi fin dalla tenera età,
morì infatti precocemente
il 28 febbraio1621,
a soli trentun anni, così da rimanere nell’iconografia
della famiglia dei Medici con le sembianze
“d’un giovane malinconico,
baffetti arricciati sulle labbra tumide,
la testa bionda quasi tuffata
in un
soffice e grande collare di trina”.
E anche in questa luttuosa circostanza
la somma destinata ai suoi principeschi funerali,
venne usata per le doti alle
fanciulle povere fiorentine.
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Come i fratelli e le sorelle,
che a differenza di molti dei loro antenati
non saranno al centro di intrighi o
di trame delittuose,
ma che in compenso avranno quasi tutti vita breve,
Cosimo
ereditò dai genitori un carattere dolce e pacifico, che uniti ad una naturale
bontà d’animo
e ad una profonda educazione, lo resero amabile a chi lo
frequentava e benvoluto da tutti.

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A
diciotto anni, per compiacere il padre, accettò di sposare una non bella, ma
prosperosa principessa austriaca, Maria Maddalena d’Austria, con la speranza
di trovare appoggio nella corte imperiale, di contro alla corte francese che si
mostrava indifferente ad una politica filo-araba. E il loro fu un matrimonio ben
assortito e fecondo, che nel giro di dodici anni li rese genitori di ben otto
figli: Maria Cristina, Ferdinando, Giovan Carlo, Margherita, Mattias, Francesco,
Anna e Leopoldo.
Nel 1609, alla
morte del padre, l’appena diciannove Cosimo salì sul trono, ereditando una
Toscana in crescita economica e rispettata nel panorama internazionale. Ma la
malattia lo provò a tal punto da fargli trascurare gli impegni politici e gli
affari bancari, che da sempre erano appartenuti alla tradizione e ai modi di
sostentamento dei Medici, e ai quali decise appunto di rinunciare. Il giovane
Granduca intraprese una politica di equilibrio tra le massime potenze europee
che era già stata propria del padre Ferdinando I, lavorando per l'allentamento
delle tensioni tra Francia e Spagna e puntando alla conservazione della pace.
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Ci
fu un momento nel quale il suo nome ebbe favorevole risonanza nell’opinione
comune e specialmente nella stima dei fiorentini, e fu quando accolse
generosamente l’emiro Fakr-ad-din II
(a Firenze chiamato popolarmente
«Faccardino»),
Sofì di Persia e dei Drusi, ribellatosi ai Turchi.
Ma di fatto in politica
estera il regno del Granduca non segnò particolari novità,
mentre seppur
breve, fu molto importante per la cultura, per l’arte, e per la scienza.
Certo a causa
delle sue tristi condizioni di salute, Cosimo preferiva rimanere a Palazzo Pitti
come “prigioniero di lusso”, e questo lo portò all’ascolto della
musica e alla contemplazione delle opere d’arte.
Così chiamò alla
sua corte il grande musicista Frescobaldi; a partire dal 1618 affidò i lavori
di ampliamento di Palazzo Pitti all’architetto Giulio Parigi; introdusse a
Firenze generi di pittura fino ad allora trascurati, invitò e mantenne alla sua
corte il francese Jaques Callot, nominò come pittore di corte Giusto Sustermans
che divenne dal 1620 il ritrattista di casa Medici; fece proseguire i lavori
alla Cappella dei Principi in San Lorenzo, e al porto di Livorno per promuovere
lo sviluppo della città. |
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Nel secolo della
scienza, il Seicento, forse la protezione offerta a Galileo Galilei,
il padre
della fisica moderna, fu l’atto più illuminato del regno di Cosimo.
La mattina del 23 febbraio 1621, quando “il sole spuntava, il
Granduca rese l’anima a Dio”:
“un sole che non aveva mai riscaldato
il sangue nelle vene del più dolce e malinconico granduca mediceo.”
(profilo
a cura di Sara Strati)
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