ORATORIO
di S. MARIA
della
CROCE al TEMPIO
L’oratorio in via S. Giuseppe è il secondo
edificio, in ordine cronologico,di pertinenza della Compagnia di Santa
Maria della Croce al Tempio; come gli altri oratori, era un luogo
destinato alla preghiera, ma non pubblico, come una chiesa. Gli oratori
infatti possono essere privati, se si trovano in un palazzo o in
una residenza signorile, oppure semipubblici, come nel nostro caso, se vi
possono accedere gruppi ristretti di persone, quali i membri di una
confraternita.
La facciata è semplice, a bozze irregolari di
pietra a filatteri, con portone in legno intagliato con polilobi e due
stemmi , uno della compagnia e uno della famiglia Torrigiani, un rosone a
vetri quadrati e due finestre con arco a tutto sesto; accanto al portone si trovano ancora
le originali ghiere in ferro battuto con anelli che servivano per
collocare gli stendardi della Compagnia.
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La facciata
dell'Oratorio |

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All’interno l'edificio è costituito da un
vano rettangolare a navata unica, coperto da un tetto a capriate, con
pavimento in cotto, in cui la luce entra attraverso le aperture della
facciate e da due finestre di ugual forma e misura poste sulla
parete destra (una è attualmente murata) e da una di minori dimensioni
sulla parete sinistra. Le due pareti laterali presentano ciascuna due
porte con stipiti ed architrave in pietra serena, che danno accesso a una
sorta di “armadi a muro “, e sei
nicchie, che servivano per collocare lumi o oggetti, in quanto
l’edificio è servito come spedale della Compagnia, cioè come asilo di
pellegrini e bisognosi e luogo di distribuzione di generi di prima
necessità.
In fondo alle due pareti laterali due lapidi
ricordano le circostanze della costruzione e dell’ ampliamento con una
cappella di questo edificio: la prima del 1428,quando un antenato di
Michelangelo Buonarroti lasciò un’eredità alla Confraternita per la
realizzazione di una costruzione per i suoi fini benefici.
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Il soffitto con un bellissimo tetto a
capriate
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L’ampliamento
datato al 1440 (di cui oggi non vi è traccia ) si deve al lascito di
Vanni di Niccolò di Ser Vanni, banchiere, il cui stemma fu posto sulla
parte destra della parete di fondo, mentre a sinistra si trova quello
della Compagnia.
Degli affreschi originali niente è rimasto, se non una
lunetta illeggibile nella parte finale della parete destra e le tracce
della preparazione dell’arriccio sulla parete sinistra. |

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La pittura entro l’arco ad ogiva della parete di
fondo, è, purtroppo, molto rovinata dall’alluvione del 1966. Risale al
1928 ed è una celebrazione della Confraternita voluta dall’allora
parroco della vicina chiesa
di S. Giuseppe, mons. Luigi d’Indico: sullo sfondo delle mura
fiorentine,al di sotto della Madonna del Giglio in gloria tra due angeli,
si incontrano due cortei,da
destra quello dei confratelli, tra i quali spicca il ritratto di Benito
Mussolini, mentre S. Francesco indica la Vergine al Savonarola; il corteo
di sinistra è capeggiato da Lorenzo il Magnifico, mentre Papa Eugenio IV
(entrambi furono membri della Confraternita) parla con il Battista. |

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L'affresco come è oggi, danneggiato dall'alluvione
del 1966. |
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L'affresco
come era in originale |
Un
piccolo mosaico con il volto di Cristo, all’inizio della
parete destra, datato al 1923, riporta di nuovo il nome di Mons. Indico ed
una pittura a metà della parete sinistra ricorda la rinascita della
Confraternita nel 1912. |
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Il piccolo
mosaico |
La confraternita.
La Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio
nacque tra il 1327 ed il 1343 da un gruppo di giovinetti che si radunavano
per pregare la Vergine presso il tabernacolo posto in via de’
Malcontenti ed ai quali con il tempo si unirono anche degli adulti, che si costituirono ufficialmente
come confraternita con gli statuti del 1355. All’inizio il suo compito era l’aiuto ai carcerati, rinchiusi
soprattutto alle Stinche,la prigione dove si scontavano i debiti contratti
con i privati e con il Comune.
Nel 1424 all’interno della compagnia si distinse un
gruppo che decise di portare conforto e sepoltura ai giustiziati; poiché
i confratelli vestivano l’abito nero con il caratteristico
cappuccio (la buffa, che doveva nascondere l’identità di chi compiva
buone opere ) e si fustigavano per penitenza vennero chiamati i Battuti
Neri o più semplicemente i Neri.
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Stemma della Confraternita dei Neri |

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Essi assunsero il ruolo di confortatori ufficiali dei
condannati a morte dalla sera precedente l’esecuzione fino al momento
della morte sul patibolo, che si trovava fuori della città dal 1315 al
1530 vicino all’ attuale piazza Piave e dal 1531 per tutta l’epoca granducale nei pressi di piazza Beccaria.
I Neri confortavano il condannato, si preoccupavano
della salvezza della sua anima, inducendolo a confessarsi e a partecipare
alla Messa, lo sostenevano durante il tragitto dal Bargello
fino alla forca, attraverso le principali vie cittadine, proteggendolo dalla
folla. Lo assistevano nel momento della morte e ne seppellivano il
corpo.
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Alcuni
confratelli nel caratteristico costume incappucciato |
La confraternita fu soppressa nel 1785 dal
Granduca Pietro Leopoldo di Lorena in seguito all'abolizione della
pena di morte nel Granducato di Toscana.
la Compagnia fu ripristinata nel 1912 per interessamento di Mons. Luigi
D’Indico, che restaurò l’oratorio, che esiste
ancora, con scopi di preghiera e di carità in sintonia con le necessità
dei tempi.
Scheda a cura della dott.ssa Cristina Porciani |

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1927: la Compagnia di S. Maria della
Croce al Tempio davanti alla sua chiesa. |
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